Palazzo Macrì

Il palazzo Macrì, ovvero ex palazzo Zappia- Stranges, risalente al 700 circa, si trova in Ardore. Proprietario di tale palazzo era il farmacista Rosario Zappia , titolare della “Spezieria”, questo era il nome originale delle farmacie di un tempo, in quanto i medicamenti venivano preparate e vendute in loco, a base naturale. Ecco un po' di storia della famiglia Macri, di antiche e nobili origini, presenti nel paese di Ardore in via “Pittellari” oggi via Garibaldi (sede attuale della scuola dell’infanzia) viveva l’avvocato Giovanbattista Macrì sposato con donna Caterina Stranges- vedi storia di Ardore scritto dal professore Gliozzi; dal loro matrimonio sono nati Giacomo e il cavaliere Tommaso Macrì sposato con la nobildonna Stella Amaduri, appartenente alla famiglia Amaduri di Gioiosa Ionica. La nobile coppia ebbe cinque figli Giovambattista, Luigi; Giuseppe, Caterina e Teresa, non sono in ordine cronologico. GiovamBattista sposato con Donna Elisabetta Stranges, nipote del farmacista Rosario Zappia titolare della “Spezeria” a tal proposito la famiglia Macrì è in possesso di un documento datato 31-01-1874, da parte del prefetto del tempo dottore De Feo indirizzata al comune di Ardore da consegnare al Dott. Zappia Rosario ed avente come oggetto: “elenco delle materie velenose da custodire in armadio particolare chiuso a  chiave nella Spezeria” questo è un documento storico ma vi è anche un libro di farmacia ancora più vetusto. II coniugi Macrì GiovamBattista ed Elisabetta Stranges ebbero tre figli Tommaso, Giuseppe e Giovanni. Il palazzo dove ancora oggi è possibile visitare l’antica Spezeria, come uno scrigno dove cè la statua del Cristo morto (segue storia) è limitrofo al vecchio palazzo Macrì, come ben si nota dalla discendenza tra di loro le famiglie erano già imparentate. Sia il vecchio palazzo Macrì che l’attuale, avevano le cappelle di famiglia, nella storia di Ardore è annoverato anche il canonico Macrì. Famiglia molto religiosa e devota, per un figlio scampato dalla prima guerra mondiale, la signora Stella Amaduri Macrì ha commissionato a Lecce due statue, una del Sacro Cuore di Gesù e l’altra di San Giuda Taddeo e donati alla Chiesa di S. Rocco oratorio della confraternita del Sacro Cuore di Gesù. Nel 1926 il cavaliere Tommaso Macrì commissionò alla ditta Salvatore Salerno e figli di Gerace, una statua del Cristo Morto con una ricca vara, ai quattro lati quattro colonne con sopra gli Angeli e, al centro in alto un altro Angelo di cui tutt’ora si può ammirare la bellezza, in mano agli Angeli i simboli della passione e crocefissione. E’ di una bellezza unica la statua stessa del Cristo Morto, dall’espressione cosi commovente e significativa. Statua che tutt’oggi viene portata in processione il venerdì Santo e si usa addobbare con veli e viole. Un’altra importante memoria storica legata alla famiglia Macrì è il “cumbitu” tradizionale invito fatto ai poveri ma all’intera comunità il 19 Marzo festa di S. Giuseppe al quale Santo la famiglia era devota, tanto che vi sono presenti nomi dati a figli e nipoti. San Giuseppe padre putativo di Gesù protettore non solo dei falegnami ma, anche dei poveri. Era usanza preparare un piatto tipico a base di legumi in particolare ceci con pasta (i legumi in genere rappresentavano l’abbondanza) da offrire ai poveri del paese e d’intorni e la cosiddetta “pizzata” fatta con acqua e farina di mais, tradizionale focaccia. La tradizione del convito lo troviamo presente da tempi antichissimi e legati proprio a questa festa che era vigilia dell’equinozio di primavera, risalente ai riti pagani dei baccanali, riti dionisiaci, volti alla propiziazione della fertilità e legati alle attività agricole che segnano il passaggio dall’inverno alla primavera, attraverso la purificazione con la tradizione dei falò, ancora in uso in molti paesi della Calabria.